

Italia, Francia, Polonia, Austria / 1993 / 110 min.O.V. / Sottotitoli: it.
In casa di Barbara e di Henri si sta svolgendo una festa nel corso della quale si ritrovano gli amici della coppia e gli ex firmatari di petizioni che hanno condiviso gli anni della contestazione. Il più intimo della coppia è Jacques, conosciuto da tutti con il nomignolo di Jack, allora tra i più impegnati, mentre oggi è senza dubbio il più nostalgico. Tra una portata e l’altra compare anche Stan, un emigrato polacco, primo marito di Barbara ritenuto da tutti erroneamente un aspirante suicida.
Note
«Comincia come in un film di Woody Allen, aperitivo esistenzialista da quadri quarantenni, depressi e loquaci, con una macchina da presa mobile e perspicace. Finirà come in un film di Dino Risi, tendenza Nuovi mostri, in piazza San Pietro a Roma, dove, mentre il papa esalta la felicità dei poveri, alcuni di questi buontemponi si immolano dandosi fuoco nel giubilo generale. Nel frattempo ci sarà stato un film di Costa-Gavras, molto bizzarro e interessante, che distilla un’allegra disperazione, ma anche un malessere persistente. Adattato con l’aiuto di Jean-Claude Grumberg da un gioiello nero di humour polacco di Tadeusz Komwicki, il film è ambientato a Parigi ai nostri giorni. La sinistra è malata, e Henri, come l’amico Jacques, non stanno bene. Niente più ideali, niente ideologia, niente più petizioni, niente più illusioni. In questo cocktail da fine del mondo, passa e ripassa un uomo insieme leggero e opaco, concentrato e distratto; è lui che porta e qualche volta rovescia e vassoi. Stan, interpretato in modo geniale con tutto ciò che necessita di inganno, di distanza, di patetico e d’ironia dal regista cecoslovacco Jiri Menzel, è alloggiato nella camera di servizio fatiscente. Volendo cambiare una lampadina sul soffitto, cade, provoca un cataclisma domestico, viene ritrovato con il filo elettrico attorcigliato attorno al collo. È chiaro, ha voluto morire. Cerca di smentire… Un affare in ogni caso per Henri e Jacques, un “polack” aspirante suicida riacquista un certo valore, soprattutto se è portatore di un testamento letterario e contestatorio.»
(Le Monde, 12 febbraio 1993)