
Rosie ha tredici anni e vive in una casa popolare con una madre molto giovane che si fa passare per sua sorella, per non scoraggiare i possibili spasimanti, e uno zio spiantato e bugiardo che campa sulle loro spalle. Nella sua mente, Rosie cerca rifugio verso una realtà alternativa, dove un bel ragazzo biondo che sembra il chitarrista dei Police diventa suo compagno di giochi e trasgressioni. Piano, piano, però, la fantasia inizia pericolosamente a prendere il sopravvento sulla realtà.
«È un film che coglie fuori-guardia, un film fuori dei soliti canoni Rosie – Il diavolo nella mia mente, debutto della regista belga Patrice Toye. […] Giocando il film sulla deriva tra realtà e immaginazione, desideri che sembrano più veri del vero, relazioni che uniscono-separano tutti i personaggi, la coraggiosa Patrice ha accettato di mettersi davvero a rischio. La vita sognata di Rosie si compone letteralmente sotto i nostri occhi, lasciando largo margine all’ambiguità e alle ipotesi: il che fa anche il fascino di un film non facile, ma che vale la pena di affrontare. L’episodio in cui la protagonista rapisce una bambina è un pezzo di cinema che non si dimentica.
Se un appunto si può muovere a Rosie è di adottare una struttura narrativa a flashback, vecchiotta e non necessaria all’economia del racconto. Però la penetrazione psicologica e la totale assenza di miserabilismo sono da pieni voti, con lode.»
(Roberto Nepoti, La repubblica, 4 luglio 1999)