Rusty il selvaggio
di Francis Ford Coppola

Anni ’60. Giovane teppista con la passione per le risse, Rusty James vive con il culto del fratello maggiore, ex leader di una banda di piccoli criminali che ha lasciato la città da anni dopo che l’eroina aveva cominciato a fare capolino nei bassifondi. Proprio l’inaspettato ritorno del fratello porterà a una svolta tragica nella vita di Rusty.
Ideale secondo capitolo del dittico che Francis Ford Coppola dedica ai burrascosi giovani degli anni ’60, iniziato con I ragazzi della 56ª strada (The Outsiders, 1983). Coppola questa volta ha più libertà di azione, partecipa alla scrittura del film e schiaccia sul pedale del virtuosismo registico a lui tanto caro. Il risultato, a sorpresa, è un gioiello espressionista che, ancora oggi, sorprende per forza visiva e potenza della messinscena. Dissolvenze, bianco e nero ad alto contrasto (fotografia di Stephen H. Burum), simbolismi barocchi, colonna sonora jazz-sperimentale (curata da Coppola stesso e da Stewart Copeland, batterista dei The Police), ritmo trascinante e un lotto di attori terribilmente in forma (su tutti un malinconico e memorabile Mickey Rourke) fanno di Rusty il selvaggio uno dei film più originali e liberi degli interi anni ’80.